Ecco cosa scrive Temple Grandin nella prefazione del suo libro “Siamo tutti inventori”, riguardo le persone con Disturbo dello Spettro Autistico

Le persone con autismo oggi sappiamo che […] possono parlare normalmente, oppure non imparare mai del tutto a farlo. Io, ad esempio, ho imparato tardi, detestavo essere abbracciata o toccata, ed ero spesso “nel mio mondo”. 

Avevo grosse difficoltà a restare ferma, e mia madre mi diceva sempre: «Va’ fuori a sfogare tutta l’energia che hai in corpo!». Non sopportavo i rumori improvvisi o i tessuti troppo ruvidi, e mi agitavo ogni volta che il mio mondo subiva un cambiamento, anche il più piccolo. Alcuni si dondolano avanti e indietro in continuazione, oppure girano vorticosamente su se stessi senza prestare la minima attenzione a ciò che li circonda. Parecchi hanno difficoltà a socializzare e non riescono a guardarti negli occhi, eppure possono fare una brillante carriera nel mondo della tecnologia, del disegno industriale, delle arti, o in un lavoro che richiede grande attenzione ai dettagli. Altri sviluppano particolari abilità a un livello molto alto, spesso nel campo della matematica, dell’arte, dell’informatica o della musica. Alcuni grandi scienziati e inventori del passato avevano molto probabilmente quello che oggi definiamo “un disturbo dello spettro autistico”.

Lo Spettro

L’autismo non è “una taglia universale” valida per tutto e tutti. Più impareremo sullo “spettro” (la gamma di abilità e deficit che può avere una persona autistica), più saremo in grado di capire le diverse forme di intelligenza e l’importanza dei differenti modi di pensare, soprattutto là dove sono coinvolte la creatività, l’innovazione e la capacità inventiva. 

A scuola mi prendevano in giro perché facevo fatica a socializzare. Ero consapevole di non essere brava a fare amicizia, però non sapevo il perché. I ragazzi mi chiamavano “mangiacassette” perché ripetevo le cose in continuazione con una voce monotona. Mi interessavo di più ai progetti di scienze e alla creazione di briglie per cavalli che alle feste e al ballo di fine anno. Ancora oggi i ragazzi vengono presi in giro per la loro diversità.  

[…] Insegnanti e genitori si preoccupano se un bambino disegna tutto il giorno o si dedica soltanto agli insetti: lo considerano “strano”. Vorrebbero bambini “normali”, ma questi bambini dagli interessi molto particolari possono, da adulti, fare cose straordinarie, se incoraggiati a coltivare le loro passioni. Almeno così è successo a me. Il mio amore per i cavalli e il bestiame, nato quando ero piccola, è stato la base per la mia carriera di zoologa. Su questo non ci piove. Inoltre, la ragione principale per cui sono diventata anche un’inventrice è presto detta: ho sempre adorato costruire oggetti e lavorare con le mani. Se un mio progetto faceva cilecca, ci stavo dietro ore e ore. Finché non funzionava.

Quando ero giovane, mia madre mi lasciava utilizzare per i miei esperimenti ogni genere di materiale che si trovava in giro per casa: dai suoi vecchi abiti e foulard al cartone infilato dentro le camicie di mio padre ritirate bell’e pulite dalla lavanderia. Quel cartone era preziosissimo! Ci potevo ricavare un sacco di cose: realizzavo fortini, diorami, modellini, pupazzi[…]”

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