È meglio essere ottimisti ed avere torto piuttosto che pessimisti ed aver ragione. Albert Einstein.

La nostra ricerca di senso è inesorabile. Ogni giorno cerchiamo di interpretare eventi che il caso ci offre davanti ai nostri occhi, diamo un significato al manifestarsi di alcune nostre sensazioni ed emozioni, ci sforziamo di comprendere quanto le nostre azioni siano più o meno consapevoli e a come potremmo affrontare le nuove situazioni e i nostri problemi.

Davanti a questa serie di pensieri la nostra mente crea dei “contenitori” per organizzarli. Questa catalogazione è stratificata, dunque ogni cosa e non-cosa (perchè nella vita le cose più importanti non sono cose) viene organizzata secondo una serie di “etichette”, alcune saranno più esterne e superficiali, e altre più interne, più insondabili.

La denominazione di superficie potrebbe essere rappresentata da stereotipi e pregiudizi, governata da meccanismi di semplificazione basati sulla moda delle apparenze.

Invece se ci sforziamo di dare nome ai significati più profondi che caratterizzano una persona, un oggetto, un sentimento, un evento, ci renderemo subito conto che l’impresa diventa più ardua. Ma è proprio questo scendere nella complessità che rende più umane le persone, più funzionale un oggetto, più autentico un sentimento, più consapevole un evento.

Per quanto possa essere difficile arrivare fin all’ultimo strato profondo dell’uomo (o persino impossibile) bisogna credere che proprio nella sua interiorità si cela la sua vera essenza, e quello che può apparire esteriormente non si rivelerebbe altro che una buffa farsa.

Ma attenzione! Non credere mai che la versione attuale sia quella definitiva!

Siamo strutture dinamiche, in continuo movimento, capaci di continue ristrutturazioni in rapporto a nuovi eventi. Siamo ricchi di potenzialità creativa che ci permette di revisionare i nostri prodotti psichici e di generare configurazioni nuove di noi stessi e degli altri.

Ingaggiando gli strati esterni delle cose diamo adito al nostro pessimismo e al nostro ottundimento. Pensare che un oggetto sia brutto non significa che non sia funzionale, credere che una situazione sia scomoda non ci deve bloccare nel considerarla fruttuosa, vedere in una persona disabile una persona deviante dalla norma non significa che non sia uguale a noi.

L’ottimista crea nuove modalità di significazione di fronte eventi avversi, sconosciuti, temuti, non catalogabili. E c’è una bella notizia per gli ottimisti: nulla è catalogabile! L’incertezza e la complessità della vita non si possono incasellare e stratificare gerarchicamente come mattoncini di plastica. Dunque, la ricerca dell’ottimista è una ricerca inesorabile di significati, nel modo più aperto e flessibile, ricordandosi di essere umano.