L’intersoggettività come fondamento nella costruzione della soggettività.
Freud considerava l’Einhfulung, l’empatia, come un fondamentale meccanismo di trasferimento di significato interindividuale: è solo per mezzo dell’empatia che siamo in grado di conoscere l’esistenza di una vita psichica diversa dalla nostra.
Il legame empatico non è limitato alla nostra capacità di comprendere quando qualcuno sia triste, felice o arrabbiato. L’empatia, considerata in modo ampio, consente anche di comprendere implicitamente le sensazioni esperite dall’altro.
Gallese (2003) propone l’esistenza di una consonanza intenzionale col mondo degli altri.
Con gli altri, infatti, condividiamo le modalità d’azione, sensazioni ed emozioni, e condividiamo anche alcuni dei meccanismi nervosi che presiedono a quelle stesse azioni, emozioni e sensazioni. Grazie alla scoperta dei neuroni specchio è divenuto evidente cogliere che quando ci troviamo di fronte all’altro esperiamo direttamente la sua umanità. Tutto ciò non richiede un’esplicita spiegazione razionale, ma grazie ai meccanismi di rispecchiamento e simulazione, l’altro è vissuto come un altro sé.
I neuroni mirror costituiscano un elemento importante per la creazione di relazioni empatiche tra i diversi individui, infatti le stesse strutture nervose coinvolte nell’analisi delle nostre emozioni e sensazioni si attivano anche quando le stesse sono esperite negli altri.
Un esperimento di Kohler (2002) sostiene che se l’azione si accompagna ad un suono caratteristico, come quando si rompe una nocciolina, il solo suono dell’azione è sufficiente ad attivare i neuroni specchio. Dunque quando nell’osservatore si attiva il programma motorio corrispondente all’azione solo parzialmente vista, questo ne consente la comprensione. E’ un meccanismo che incarna a suo modo una rappresentazione astratta dell’azione, che però è tutto fuorché astratta perché incarnata all’interno del nostro sistema motorio (Gallese, 2003).
Quando osserviamo azioni eseguite da altri con la bocca, la mano, o il piede, attiviamo regioni del nostro sistema motorio fronto-parietale corrispondenti a quelle che entrano in gioco quando noi stessi eseguiamo azioni simili a quelle che stiamo osservando. Non ci limitiamo a vedere con la parte visiva del nostro cervello, ma utilizzando anche il nostro sistema motorio (Gallese e Rizzolatti 2004).
Quando osserviamo il comportamento di altri individui e n’esperiamo la piena gamma espressiva (dal modo in cui agiscono, alle emozioni o sensazioni che manifestano), si viene a creare automaticamente un legame interpersonale dotato di significato intelligibile.
Nell’esperienza quotidiana in realtà siamo perfettamente in grado di decodificare la qualità delle sensazioni ed emozioni contenute ed espresse dal comportamento altrui, senza fare ricorso ad espliciti sforzi cognitivi. Il significato delle espressioni del comportamento affettivo sembra essere compreso automaticamente ed implicitamente dall’osservatore senza la necessità d’alcuna complessa mediazione cognitiva
La capacità di interpretare il comportamento dei conspecifici come finalizzato all’ottenimento di scopi fornisce un considerevole vantaggio agli individui, consentendogli di predire le conseguenze del comportamento altrui. Il vantaggio di possedere un simile tratto cognitivo consentirebbe agli individui di influenzare e manipolare il comportamento dei conspecifici (ipotesi dell’Intelligenza Machiavellica di Whiten e Byrne 1997)
Ogni volta che ci troviamo di fronte al comportamento altrui, e tale comportamento richiede una risposta da parte nostra, sia essa reattiva o semplicemente attentiva, quasi mai ci vediamo coinvolti in un processo di esplicita e deliberata interpretazione. Nella maggior parte dei casi, in realtà, la nostra comprensione della situazione è immediata ed automatica. Quando ci confrontiamo col problema di comprendere il senso del comportamento altrui, dobbiamo necessariamente tradurre le informazioni sensoriali ad esso relative, in una serie di rappresentazioni mentali, ciò ci consentirebbe di attribuire ad altri intenzioni, desideri, e credenze, e perciò ci metterebbe in grado di comprendere gli antecedenti mentali del comportamento altrui. Se mentre siedo in un ristorante vedo qualcuno dirigere la mano verso una tazzina di caffè, comprenderò immediatamente che il mio vicino di tavolo sta per sorseggiare quella bevanda. Osserviamo il comportamento degli altri individui e nella maggior parte dei casi comprendiamo cosa stiano facendo o stiano per fare.
Uno studio fMRI condotto da Buccino (2004), mostra che quando vediamo un uomo parlare si osserva un’attivazione bilaterale del sistema pre-motorio che include l’area di Broca; quando vediamo una scimmia si osserva un’attivazione premotoria bilaterale di intensità ridotta; infine, quando vediamo un cane abbaiare si ha un’assenza completa di attivazione motoria.
Quando cerchiamo di comprendere il significato del comportamento altrui il nostro cervello crea dei modelli del comportamento altrui allo stesso modo in cui crea modelli del nostro comportamento. Il risultato finale di questo processo di modellizzazione ci consente di comprendere e predire le conseguenze dell’agire altrui, così come ci consente di comprendere e predire il nostro comportamento.
Grazie alla simulazione incarnata ho la capacità di riconoscere in quello che vedo qualcosa con cui “risuono”, di cui mi approprio esperienzialmente, che posso fare mio. Il significato delle esperienze altrui è compreso non in virtù di una spiegazione, ma grazie ad una comprensione diretta, per così dire, dall’interno (Gallese, 2003).
Recenti evidenze empiriche suggeriscono che le stesse strutture nervose coinvolte nell’analisi delle sensazioni ed emozioni esperite in prima persona sono attive anche quando tali emozioni e sensazioni vengono riconosciute negli altri (Gallese 2006).
La psicologia sociale ha descritto e studiato il cosiddetto effetto camaleonte (Niedenthal 2005): mimiamo inconsapevolmente il comportamento non verbale altrui (e ci piace di più chi ci imita); il mimarsi reciproco incrementa quanto più personale è la relazione con l’altro.
I meccanismi di simulazione ci forniscono uno strumento per condividere a livello esperienziale gli stati mentali altrui. Da un certo punto di vista, la simulazione incarnata può essere considerata come il correlato funzionale dell’empatia (Gallese, 2003).